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LA TESTA DELLA VIPERA | 127 |
— Basta, gli disse, ho paura che il berlo tutto ti faccia male.
— Perchè?
— Ha un odore così forte!... Emilio potrebbe avere sbagliato nella dose...
— Eh via!... egli così riflessivo!
— Dammi retta per farmi piacere.
— Veramente stasera ci trovo un gusto diverso... Ma bada che se poi il sonno mi fugge...
— Senti; se il sonno non verrà, chiamami, e verrò io stessa a porgerti il rimanente di questo farmaco.
— Va bene... E ora vattene a letto anche tu.
Matilde pose un bacio sulla fronte del padre; accomodò la lampadina perchè la luce non desse fastidio al giacente, e s’allontanò in punta di piedi. Lisa era così assorta ne’ suoi pensieri che non sentì venire la padrona, e questa la dovette toccare sulla spalla.
— Sei incantata?
— Oh scusi.
Le mani della cameriera, nello spogliare Matilde, tremavano siffattamente che la padrona, stupita, osservò meglio la fisionomia della giovane. Vi scorse un’agitazione, un turbamento, quasi le mostre d’un affanno.
— Che cos’hai? le dimandò amorevolmente.
— Nulla, nulla, rispose Lisa colle labbra pallide e tremanti.
— Eh via! non mentir meco. Hai qualche dispiacere? T’è capitata qualche disgrazia?
— Ma no... no, signora... le assicuro.