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126 LA TESTA DELLA VIPERA

mosse di abbandono, che un sorriso di beatitudine si disegnò sulle labbra della giovane madre; essa li baciò dolcemente uno per uno e tornò nella sua camera. Là trovò Lisa venuta al suo comando.

— Aspetta un momentino, le disse, vado a salutare mio padre.

Questi sorrise lietamente nel vedere sua figlia.

— Stanotte sei vedova, le disse scherzando. Non avrai mica paura a dormir sola?

— No, certo: di che cosa dovrei aver paura?

— Di ladri no, chè in questo paese non ve ne sono. E poi, soggiunse col medesimo tono di scherzo, ci sono io qua: e ci avresti un forte campione a difenderti. Dormi dunque tranquilla, anche in assenza del marito.

— Hai bisogno ancora di qualche cosa?

— Sì: dammi la mia solita pozione. Emilio ha insistito tanto perchè la prendessi.

— E l’ha ripetuto anche a me.

Matilde prese il bicchiere e lo porse al padre. Ci sentì un forte odore di amandorle che le altre sere non ci aveva sentito mai.

— Questa non è più la solita? disse al padre.

— Sì; ma Emilio vi aggiunse alcune goccie di non so che per renderla efficace.

E così dicendo cominciò a bere. Una strana, vaga, indefinita idea, ma un’idea di paura attraversò come un lampo la mente di Matilde; essa tolse vivamente il bicchiere dalle labbra e dalle mani del padre quand’egli aveva appena bevuto un terzo del farmaco.