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LA TESTA DELLA VIPERA | 125 |
— Questo è un mettermi alla porta in modis et formis, disse Emilio ridendo. Pazienza! Ci vado; buona notte.
— Buona notte!
— E non mi tocchi nemmeno la mano? soggiunse lui che le aveva porta la destra.
— Sì, sì... addio!
Matilde toccò leggermente colla punta delle dita la palma ardente del giovane, e s’alzò per entrare ancor essa nella camera da letto. Emilio uscì seguito da Battista.
Non si parlarono fino a che furono sulla soglia dell’uscio di strada.
— Fra mezz’ora a casa mia! disse Emilio.
— Sissignore.
— Colla chiave!
— Sissignore.
Emilio si mosse; il servo lo trattenne per la falda dell’abito.
— E la somma? domandò,
— L’avrai nello stesso momento; non dubitare.
Lograve s’allontanò ratto, e il rumore de’ suoi passi presto si perdette nella notte che era oscura e nebbiosa.
Battista rimase sulla soglia a guardargli dietro finchè lo vide, sentì il rumore dell’uscio del palazzotto che si apriva e si richiudeva, poi rientrò, crollando il capo e masticando fra sè colla mala voglia di chi ha un gusto amaro in bocca.
Matilde entrò nella camera dei bambini. Essi dormivano così saporitamente e in così graziose