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LA TESTA DELLA VIPERA 123

Emilio ve lo accompagnò: lo ajutò con amorevole garbo a spogliarsi, salire nel letto, poi mescette in un bicchiere la pozione calmante e vi aggiunse parecchie goccie d’una boccettina che aveva in tasca.

— Beva! disse al padrino porgendogli il bicchiere.

Ma il vecchio scosse la testa.

— Non ancora, rispose. Ora mi sento tranquillo, voglio aspettare che incominci la inquietudine.

— E allora sarà troppo tardi... Creda a me: è meglio non lasciarla venire codesta inquietudine.

— Mi sento lo stomaco grave... Ho paura di non digerire la cena... Se mi caccio quel liquido nel ventricolo temo di non sopportarlo.

— No, no, disse con qualche impazienza il figlioccio; più tarda, e meno ne avrà l’effetto. Su, animo!

E porse di nuovo il bicchiere.

Ma per un capriccio di convalescente il Danzàno resistette.

— Lo piglierò più tardi, ti dico... Lasciamelo lì sul comodino.

Emilio ebbe un movimento di contrarietà che represse a stento: poi temendo, coll’insistere, di destar sospetti, depose il bicchiere e disse con mellifluo tono di amorevole rimprovero:

— Ha torto, padrino. Lei si ruba qualche ora di buon sonno... Ma almeno mi promette che lo prenderà?