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LA TESTA DELLA VIPERA 121

un giovane cavallo buon corridore, che in meno d’un’ora si divorava quella strada. Emilio disse che avrebbe passato tutta la giornata alla villa per far compagnìa al padrino e alla cugina; e tenne la parola. Fu tutto attenzioni pel vecchio, tutto cortesìa per la giovane, tutto amorevolezza pei bambini. Soltanto più frequenti del solito scattavano dagli occhî suoi quegli sguardi accesi che parevano voler prendere possesso anche violento della bellezza di Matilde. Battista li colse al volo più volte e ad ogni volta e’ sentiva in sè stesso un rimescolìo che non sapeva bene se era rimorso, rabbia contro sè stesso e contro colui che l’aveva comprato. Intanto alla sua amante, senza rivelarle il come e il perchè, egli aveva assicurato d’avere i mezzi d’un comune avvenire di godimenti e di libertà e che per lei non c’era altro da fare che partirsene di nascosto con lui quella domenica a sera. A quell’amo ogni fanciulla di tal condizione sarebbe stata presa; e ad esso morse più facilmente la Lisa, innamorata, la quale fu subito pronta al gran passo e anzi impaziente di vederne arrivar l’ora. Battista invece, più s’avvicinava quell’ora, e più sentiva accrescere un interno disagio, una tormentosa inquietudine.

L’avvicinarsi d’un fatale momento, tante volte e per tanto tempo pensato, voluto con intensità di proposito e per ogni sorta di mezzi, poneva nel sangue d’Emilio un ardore febbrile, che, malgrado la forza dell’impostasi dissimulazione, tratto tratto rompeva la corteccia d’indifferenza