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LA TESTA DELLA VIPERA 119

Battista s’arretrò spaventato, tanto era terribile la figura di quel tristo.

Successe una pausa. Emilio, rifattosi calmo, s’avvicinò alla finestra, e trasse di tasca la rivoltella di cui andava sempre armato.

— Signore! esclamò Battista allibbito.

Ma l’altro, senza badargli:

— Come volano ratte quelle rondini! Ma vola più ratta la palla della mia pistola.

Sparò senza mirare e una rondinella cadde morta nel giardino.

— O signore! disse il servo sbalordito. Il suo occhio e la sua mano sono infallibili... Lo so.

— Or dunque, riprese il Lograve, affatto in calma, tu hai da scegliere: o servirmi come voglio o raccomandarti l’anima.

— C’è ancora una terza uscita, disse Battista tuttavia turbatello. Io non la servirò, ma le prometto di tacere...

— Non mi basta, proruppe l’altro. Quest’occasione che si presenta, sono anni ed anni che l’aspetto. Ho lavorato per farla nascere, per potermene giovare, con intensa tenacità: non la tornerà forse mai più. Non posso rinunziarvi... Ebbene, sì, tu hai ragione; la chiave che io ti domando ha un valore immenso per me. Sono pronto a tutto per averla... Vuoi ventimila lire?

Un’ondata di sangue salì al capo di Battista, le vene del collo gli si gonfiarono; un’aspra lotta si combatteva in lui; perchè il tentatore non gli potesse leggere nell’anima, egli si coprì colla destra gli occhî.