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118 | LA TESTA DELLA VIPERA |
sinistra, e accarezzandosi il mento colla destra disse, gli occhî impertinenti fissi sul volto del Lograve:
— Sa una cosa?... Che per quello che lei vuole, diecimila lire sono troppo poco.
— Ti pare?
— Assai troppo poco, Quella chiave ha un prezzo molto maggiore.
— Quale, per esempio?... Sentiam il tuo parere.
— Non tocca a me il dirlo... Tocca a lei che vuole procurarsela...
— Bè... accresciamola della metà: quindicimila lire.
Battista rimase impassibile, fregandosi sempre il mento.
— Diamine! riprese Emilio. Bada che, per voler troppo, perderai tutto.
Il servo si rizzò del busto e prese una mossa solenne.
— E chi le dice ch’io voglia qualche cosa? Oh non può nemmeno supporre che la mia onestà sia superiore alla tentazione di qualunque somma? Non sa ch’io sono affezionato ai miei padroni? Non pensa che il mio dovere è d’andare a svelar tutto al signor Alberto... e che ci vado?
Mosse alcuni passi verso l’uscio: Emilio, diventato livido in volto, gli si gettò dinanzi.
— Tu non uscirai, gli disse con voce soffocata dall’ira. Il segreto che tu hai è un segreto mortale: se una parola di esso ti sfugge dalla bocca, te lo giuro per l’anima mia, t’ammazzo come un cane.