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LA TESTA DELLA VIPERA | 105 |
— Sono affezionato ai miei padroni... sissignore... Uscire di quella casa... sicuro... che mi farebbe dispiacere... Ma però... sa bene... se si può migliorare il proprio stato... onestamente, s’intende... è da matto il non farlo.
— Quanto vi danno al mese?
— Trenta lire... e non è molto.
— È poco, in verità, per un uomo come voi... Ci sono di quelli che non vi valgono che guadagnano cinquanta, sessanta lire.
Battista mandò un gran sospiro.
— Eh, bisogna nascere fortunati a questo mondo.
— Ma la fortuna vuol anche essere cercata.
Il domestico fissò i suoi occhietti furbi, penetranti, nel sorriso compiacente e incoraggiatore del Lograve.
— Se alcuno mi ci ajutasse... se s’interessasse per me... Dove sono non ci sto male, non mi lamento, ma via, se potessi stare anche meglio...
— Chi sa! disse con aria misteriosa Emilio, chi sa che un’occasione non si presenti, in cui io stesso possa far qualche cosa per voi!...
— Ah, signore!... Le sarei tanto riconoscente!...
Emilio mise mano al portabiglietti e fece scivolare nella destra di Battista un fogliolino da cinque lire.
— Signore! soggiunse Battista con calore. Se mai avesse bisogno di me, non ha che da comandarmi.
— Va bene, va bene... Chi sa?... Forse più presto di quel che credete.