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102 | LA TESTA DELLA VIPERA |
zogna in Battista che, come non aveva scrupoli a rubare i sigari, poteva, per interesse, non averne nemmeno per altre azioni od omissioni. Da quel giorno ogni qual volta s’incontravano il signor Lograve e il servo Battista, quegli aveva un sorriso di compiacenza protettrice, quasi di segreta intelligenza, e questi abbassava gli occhî e tirava dritto a capo chino. Vi era quasi una tacita complicità fra quei due, e il servo sentiva come se l’amico dei suoi padroni gli avesse lanciato nelle carni un uncino e lo tenesse per esso, e anzi questo uncino penetrasse ogni giorno più addentro. Emilio trattava quel servo coi modi più amorevoli e generosi; lo chiamava suo caro, aveva sempre un elogio da fargli, e prendeva ogni menoma occasione per dargli delle buone mancie, a lui e a Lisa la cameriera.
Un giorno, venuto a fargli una commissione da parte di Cesare, Battista trovò il signor Lograve in un lungo corridojo della sua abitazione, ch’egli aveva ridotto a tiro a segno, dove ogni giorno si esercitava per delle ore colla pistola da sala.
— Lo disturbo? disse Battista rimanendo sulla soglia.
— Niente affatto: parlate pure, e io intanto continuo il mio tiro.
Mentre Battista espose la sua ambasciata, Emilio cacciò tre pallottole nel centro del bersaglio, l’una spingendo dentro l’altra.
— Corpo di Bacco! esclamò il servo meravi-