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predica trigesimaquarta | 91 |
lamente la grazia di Dio, e chi non ha quel segno certo, elli sta male al fatto suo; e colui che ha questo segno, non può perire. Del qual segno parla Paolo ai Corinti, primo cap.: Signavit nos Deus et dedit nobis pignus in cordibus nostris.1 Dice che — Iddio ci ha segnati del suo segno, e hacci dato el pegno nel nostro cuore, che noi non siamo mai scacciati da lui. — Sai, come tu hai nella Scrittura antica, dove disse che non fossero tochi i primigeniti.
Aviamo veduto che Iddio ha comandato ne laederenf foenum terrae, neque omne viride, neque omnem arborem. Non tocare nè incipienti nè proficienti nè perfetti. Ma tu dirai: — o se Idio non vuole che sieno tochi niuno di costoro, quando elli sono o mortalità o guerre o fami o dell’altre punizioni che Iddio manda ne le città o ne le patrie per li peccati che si fanno, elli pure ne fa sentire a costoro. — Io ti rispondo: Iddio dà tanta pazienzia a costoro ne li corpi loro, che le persecuzioni o le fatighe non passano insino all’anima. E però dico che l’anime non so’ toche: ne laederent foenum terrae, neque omne viride, che so’ l’incipienti e proficienti2: se pure questi due cascassero, subito si possono rilevare. Non è così dello stato de’ perfetti. Neque omnem arborem. Non tocare niuno de’ perfetti, però che costoro so’ sempre levati a Dio. Ellino non sentono le cose del mondo; però che ellino s’hanno gittato il mondo dietro, e niuna cosa lo’ può fare male. Meglio; chè d’ogni cosa ne cavano utile, d’ogni cosa ne dicono bene, d’ogni cosa ringraziano Iddio e godono. Elli hanno in questo mondo l’arra della gloria,