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si ramorbida! Ode ne lo Eclesiastico a xviij cap.: Non* me ardorem refrlgerabit ros? Avete voi mai posto mente di state, quando egli è una grande calura, che poi la matti- na trovate la rugiada grandissima? Così talvolta interviene, ^quando tu parlarai a uno infermo bisognoso, n(m poten- dolo sovenire de la robba del mondo, che tu il conforti di eotali parole, tutto pare che si rinfreschi, tutto pare ri- sconsolato, con tutto che tu non gli abbi dato il suo biso- gno. — 0 se e’ fusse uno mutolo, che non potesse dargli ^questa limosina? — Dico che anco non se’scusato: tu il puoi almeno ricucirlo, aitarlo a vestire, a calzarlo; e del- r altre cose che gli fanno di bisogno, qualche cosa pur puoi tu. Chi è colui che si scusa, che elli non possa ai- tare il bisognoso in niuno modo? Non ce n^ è ninno. Or vede nell’Esodo a xxij cap., come è comandamento che, vedendo tu 1’ asino caduto a uno, eziandio se ti fusse fiemico, tu el debi aitare a rizarlo. 0 se tu se’ tenuto d’ aitare 1’ asino d’ uno tuo nemico, che dirai d’uno che s^a in pregione? Pàrti èssàre tenuto d’aitarlo? Certo, ti dico di sì: tu non hai scusa che Idio Taccetti mai. Or di- ciamo che basti quanto a la prima parte principale, cioè de la necessità, quanto eh’è al bisogno: dove è detto: Beatus qui ìntelligii ec. Hai veduto tre leggi, le quali obrigano ciascuno: la legge de la Natura, e la legge de la Scrittura, e la legge de la Grazia. Poi ti mostrai tre stati, ne^ quali sta la creatura: prima, chi ha de la robba in abondanzia: chi n’ ha a suffìcienzia, e chi n’ ha a necessità. E da P altro Iato t’ ho mostrato tre generazioni di genti: i primi, bisognosi; e^’sicondi, necessitosi; e’ terzi, in stre- j^ità, a’ quali tu rico non hai scusa niuna. Ma tu pòvaro hai ben parte di scusa, ma non in tutto. Or ve- diamo ora la siconda, la quale s’io non te la dicesse.