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250 | predica trigesimaottava |
sta, la vendeno per buona. Oh, che se lo’ vorrebbe fare a questi tali? Eglino si vorebeno sbandire, o fare uno statuto, e confinargli. Oh, quante volte ne so’ cagione sensai! Si può dire che questi sieno ladri dimestichi. O póvaretti, ponete mente a voi medesimi: che se voi vedeste l’anime vostre come so’ brutte, a voi medesimi méttarebbono paura: chè potreste guadagnare senza pecato, e volete pèrdare l’anima per un poca di robba. Guai, guai a chi va dietro a tanto male!
Tu hai veduto che colui che reca la mercanzia d’oltremare in grosso, ne può guadagnare; e simile colui che la comprò in grosso da lui per conservarla e véndarla agli altri a balle e a some; e simile colui che la compra a some, e vendela a minuto. Vuoi vedere come è guastamento de la città questi bistratti? Or fa’ ragion che uno compri una balla di mercanzia cinquanta fiorini e vendela quaranta, e ha stramazzato là dieci fiorini. Sai che ha fatto? Ha tolto il guadagno a colui che l’arebbe venduta cinquanta fiorini lecitamente; e così d’ogni mercanzia. Ogni cosa avete corrotto, e sì le mercanzie, e sì e’ mercatanti, e sì e’ bottigari. Dico che questo è peggio che non è l’usura. Non pensate che così utile cosa quanto è la mercanzia, voi l’avete ridotta quasi tutta a peggio che usura? Ogni cosa avete guasta: Quoniam non cognovi licteraturam; chè non vedete che in ogni mercanzia vi si perde. Colui che l’ha comprata più che non vale, perde la robba; colui che l’ha venduta a lui prima, v’ha perduta l’anima per véndargli la credenzia; e colui che l’ha comprata meno che non vale, anco v’ha perduta l’anima. Fra voi non è carità, anco canità; chè l’uno è cane dell’altro.
Tu hai veduti diciotto pecati sopra al fatto de le mercanzie contra a’ detti de’ sacri Dottori, come t’ho detto,