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predica trigesimaottava | 245 |
tuam, Domine, decet sanctitudo:1 La tua casa, Signor mio, dice David, è casa di santità. E però io vi dico che mai voi non facciate in chiesa queste tali ragunate; se voi le volete pur fare, fatele in altro luogo, però che il luogo de la chiesa è ordinato per celebrare e per orare. Io ho pure inteso che ci so’ de’ luoghi atti e ordinati a ciò. Non voliate mai in disonore di Dio venire a tanto pecato. Per l’amor di Dio, io ve ne prego e vel comando per sua parte. Oimmè, o che diremo di coloro che mercatano in chiesa? Oimmè; o non vedete voi, che voi la fate casa di bugle e di giuri e di spergiuri? Così dico a voi, Offiziali de la città, che ci fate voi? Voi dovete tenere ragione ne’ dì che v’è lecito, e voi aspettate il dì de la festa, per potere avere i contadini ne le vostre terre, dove voi sête per Uffiziali. Io vi dico che non vi è lecito, e non v’è lecito, e non v’è lecito nei dì comandati. Dice colui: oh, io non posso lassare le mie òpare il dì del lavorare; e io ti dico, se tu non le puoi lassare, e tu te ne sta. E così díe dire l’Uffiziale: io voglio più ratto dispiacer e a te, che a Dio: io non vo’ fare il peccato mortale in tuo servizio. E dico che sarebbe molto bene che sopra di ciò se ne facesse statuto; acciò che non si perdessero molte anime, che pecano mortalmente per guadagnare il dì comandato.
La sesta circostanzia si chiama il consorzio: dove debbi essere amaestrato di véndare una cosa medesima, ma tanto a uno quanto a un altro. O tu che vai a véndare la tua mercanzia in su la strada, e vienti uno forestiero a domandare: che vuoi tu di questo? Vuône trenta soldi; e al cittadino non la vendi se non vinti soldi. E perchè io biasimi il buttigaio, egli il fa bene
- ↑ Salmo lxxxxij, vers. 5.