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242 | predica trigesimaottava |
cotanti denari, e rimaniamo d’acordo. E io ti dico, che ogni volta che tu compri la mercanzia assai meno che ella non vale, sempre pechi; e così se tu la vendi più che ella non vale. Vedianne essempro in pratica. Tu hai una mercanzia che vale cento fiorini, e vorrestila véndare quello che ella vale; e cercarai, e no ne trovarai quello che ella vale. Tu vai, e dàla per cinquanta, o per sessanta, o per settanta fiorini; e un altro che ârà la medesima mercanzia che val cento fiorini, e’ vendaralla trecento. Dicono i Dottori, che questo non è lecito nè a véndarla nè a comprarla, molto più o meno che ella non vale. Ogni volta che tu mercatante compri la mercanzia un poco meno che ella non vale, per guadagnarvi, e così la vendi un poco più; che t’è lecito, per poterti mantenere nel tuo esercizio a bene e utile de la tua città. Ma che diremo d’uno che vende la cosa meno che ella non vale, però che non la cognosce, e vendela a uno che la cognosce? Come talvolta sarà uno contadino che ârà una pietra preziosa che non cognosce, e tu ne gli dài quello che tu vuoi, e poi la vendi quello che ella vale. Non credi tu fare peccato? Certo sì, e se’ tenuto a restituzione. Così vo’ dire di molti che vendono per bisogno o per necessità, e dà, la cosa per meno che non vale.
Or mettiamo per essemplo una di queste necessità. Tu hai allato a costui la tua casa, e vorresti véndarla, e non s’attaglia a niuno più che a costui; però che un altro non vorrà fare dispiacere a costui che l’ha dallato, e che la vorebbe comprare. Se tu che l’hai dallato e vorrestila comprare, dici: io la comprarò per quello che tu ne trovi da un altro; e un altro, ti dico, non vorrà farti dispiacere; tu dirai: io te ne vo’ dar