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predica trigesimaottava | 233 |
umido, e disse a colui che gli li vendeva: -fallo venire alla mia abitazione, e pesarello e darotti e’ denari. Costui di subito gli manda perchè non rasciugasse, e va poi dietro a colui che ’l portava per pesarlo. Come so’ giónti a casa di costui, dice colui che l’ha a comprare: fammi una grazia, io non posso attèndare ora a pesarlo; sugellalo e lassalo stare un poco, e ritornerai. Colui così fa, e vassi con Dio. Meffè! Come colui è fuore di casa, subito fa pigliare questo zaffarano e fallo méttare in uno forno che v’era presso, e come è rasciutto, el fa ripónare dove colui l’aveva lassato. L’altro mercatante viene poi, e pesano questo zaffarano; e prese il suo denaio, e andossene pe’ fatti suoi. Fra el rincagnato e ’l ribollito andò1. L’uno il fece diventare umido perchè pesasse più che non era, e l’altro el misse nel forno, perchè [pesasse meno che e' non doveva, che]2
forse s’asciugò più che ’l dovuto. E in questo modo colui che credeva ingannare, rimase ingannato3.
La terza cosa che fa la mercanzia non licita, si è quando uno dà la cosa nociva: e questo si può intèndare in molti modi. Quanto divario è da una mercanzia a un’altra, e di valuta e anco di pericolo! O speziale, che per ispacciare la tua mercanzia dài molte volte la cosa gattiva a colui che la paga, come se fosse la più fina del mondo, dove sta il tuo peccato? Sta in prima ne la mercanzia buona, e poi nel peso e ne la misura ragionevole. Quando tu dài la mercanzia non buona,