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222 | predica trigesimaottava |
l’avarizia! Vedi che col durare fatiga e dì e notte, mai non si cavò la voglia di nulla! E però è detto nello Eclesiastico al V cap.: Avarus non satiabitur pecunia1; L’avaro non si sazia però de la pecunia: — quanta più n’ha, più ne disidera.
Voliamo vedere s’io dico il vero? Or proviallo. Oi avaro, che vorresti tu? — Io vorrei dieci mila fiorini: s’io avesse dieci mila fiorini, io mi credarei star bene, — Or tèlli.2 Hâgli? — Sì. — Oltre. Che n’hai fatti? — Oh, io gli spesi; io ne voglio più. Egli se n’è andato uno mio mezzaiolo che io gli avevo prestati cento fiorini: io n’ho messi in bestiame; egli mi bisognò cinquanta fiorini per aconciare una casa; egli me ne bisognano più. — Oltre. Quanti ne vuoi? — Io ne vorrei almeno almeno quindicimila. — Già vedi che gli è cresciuto l’animo. Oltre: tògli. Che ne farai? Halo avvisato? — Sì. Io ho allato a la mia una casa che mi s’affarebbe molto bene; e così è una pocissione, che mi tramezza fra due ch’io n’ho: s’io la potesse avere, non sarebbe persona che mi potesse far danno; elle sarebbero insieme insieme. — E subito o in questo o in quello egli li spende tutti, e anco s’ingegna d’averne più. — Io vorrei più denari, — O a che te ne bisogna tanti? — Oh, s’io n’avessi un pochi più, per certo io credo ch’io non ne cercherei poi più! — Oltre. Quanti ne vuoi? — Io ne vorrei almeno almeno venticinque mila. — O che ne faresti di tanti? — Oh, che ne farei? Egli è una fortezza in un luogo che mi s’affarebbe molto, e anco vorrei da ogni porta una pocissione: io so’ schifo de la nebbia; se la nebbia