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loro uffìzio a loro, e voi vi fate il vostro. Non mesco- late le lance co le mannaie. Non v’ intramettete ne’ fatti loro, ch’io v’annuzio, se voi v’ impacciate 1’ uno dell’al- tro, voi cadrete in peccato mortale, e se morite con esso, a casa calda l’uno e T altro. Guarda uno detto di leronimo a xxviij cap.: Clericum negotiatorem et igno- bìlem inopem^ gloriosum. Quando tu vedi uno chierico ne- goziatore che s’impaccia di molte cose, quando di que- sto quando di quello, e di pòvaro egli diviene in ninna riochezza, credemi che egli è da toccare col fuscello, e dico che egli è un grande pericolo a bazzicare con lui. E però dico che la prima cosa che si die fare, si die attèndare a la persona che fa la mercanzia, se egli è se- colare o religioso. — La nebbia è già ita via. La siconda considerazione si die avere a colui che fa la mercanzia, con che animo e’ la fa. Io te ne dissi ieri, oggi te ne ridirò. Dico che se egli il fa per règgiare la sua famiglia, o per uscire di dévito, o per maritare fanciulle; dico che gii è lecito. Ma che diremo di colui che non n’ ha bisogno, che s’ afanna cotanto, fa qua, fì là, fa questo, fa quello, e mai non si rista? Dico che s( non fa per li pòvari, egli peca mortalmente, però ch(i questo tale ragunare si chiama pecato d^ avarizia. Mij mira s’ io dico il vero! Se egli non n’ ha bisogno e rai; guna pur per sè, pur per sè, che credi che questo sia Non altro che avarizia. Se egli non n’ ha bisogno lui! egli il die dispensare a’ pòvari, o a spedali, o in cosi piatose. E se altro ne fa, egli si vede che per miseria avarizia guadagna e laguna, e aralio sue genti, o parentìi o nipoti, o fratelli, o cugini, o genti che mai non si ri cordaranno più di lui. E di ciò dice ne lo Ecclesiastes Uìius est et secundum non habet, non filium non nepotem; éi;