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216 predica trigesimaottava


E però dice: Domine, memorabor iustitiae tuae solius. Che se tu avarai il timore di Dio, dicendo: — Signor mio, io ho a capitare a le tue mani, e sicondo che âro fatto, così mi darai. 1

Io t’ho mostrato in queste tre parole il dritto e rivercio di ciò che tu hai a fare, e di ciò che tu hai da guardare del fatto de la mercanzia: piglia qual vuoi, che tu puoi comprèndare quello che ti bisogna. Ma per meglio èssare inteso, io ti vo’ dire che sei rispetti si díe avere inverso colui che fa e usa la mercanzia. E uno v’agiógnarò, che è di Scoto nel quarto.

La prima è, che si díe considerare la persona che fa la mercanzia. Sicondo è, considerare l’animo di chi aduopara la mercanzia. Terzo, si díe considerare il modo con che si fa la mercanzia. Quarto, si díe pensare il luogo dove la mercanzia s’esercita. Quinto, si díe considerare il tempo quando s’esercita la mercanzia. Sesto, si díe ragùardare al consorzio con cui si pratica la mercanzia. El settimo ci agiógnamo, che è di Scoto: per lo ben comune si díe esercitare la mercanzia. E se tu intendaraì bene ciò ch’io ti dirò stamane in queste sette circostanze, mai non potrai errare, nè fare la tua mercanzia con pecato, se tu ti guardi da quello ch’io ti dirò. Che faremo prima? Prima levaremo il vizio, amonendo quelli che male esercitano la mercanzia. Per lo vizio potrai intèndare la virtù, come per lo dritto si cognosce el rivercio. Al rivercio.

Prima, dico che la mercanzia diventa illecita, considerando la persona, che è il primo de’ sette. Perchè m’intenda: a me che so’ frate, non m’è lecito d’impic-

  1. Così nei Codici e nella stampa.