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208 | predica trigesimasettima |
inghiandata, che pare che la sia madonna Smiraldina, e in casa sta come una zambraca. Per certo voi ve ne dova reste vergognare in voi medesime, non che fra tanto popolo; che dovareste stare meglio e più in pónto in camara col tuo marito, che in Vescovado fra tanta gente. E talvolta ti mostri d’èssare uno lione di fuore, e in casa una pecoruccia mansueta.
Doh, guardati che tu non sia cagione di fare pericolare lui e anco te per lo tuo non stare in pónto, come tu debi, con lui. E anco t’aviso che se tu pure t’aconci, mira che egli non s’avegga di te cosa, altro che tutta buona e tutta onesta: fa’ che mai egli non vega di te altro che purità e nettezza; sì bene ch’io voglio che tu stia ornata e dilicata, ma con discrezione ogni cosa, e con modo onesto. Se tu vedi che ’l tuo marito ti vuole bene e non si cura del tuo acconcime, allora tu puoi stare più così a la dimestica; ma se egli se ne cura, tu faresti male a non fare che tu gli comparisca. Qaesto dico per molte che si stanno in casa brutte, nere, come cotali fornaiacce, che non se ne curano come elle stanno: io non la lodo. E anco vo’ dire a voi omini, de’ capucci grandi. Io ho a tornare adietro, a la quarta de le siconde: cinque, che fu malignità.
Grande malignità e peccato è, credetemi, è ’l portare tanta robba in capo; che avete imparato ognuno e ognuna a portare una balla. Non vedi tu el male che tu fai ponendo da canto el peccato? Prima tu ti guasti il capo per la tanta caldezza; egli ti putirà la bôca in poco tempo e ’l fiato; tu ti guasti i denti, e dolgonti per ogni poco di freddo. Avisoti: per quae peccavit homo, per ea torquetur: — Per quello membro che tu pecchi, in quello sarai gastigato ne l’altro mondo. — O donna, pon mente al mio dire. Del tuo capo tu n’hai fatto uno Iddio, e