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204 | predica trigesimasettima |
Unde io vi dico, ch’io non vi saprei già dar modo io: datevelo voi; fate da voi.
Quarta, si chiama malignità; che come ci verrà una forgia nuova, come ci verrà una meretrice vestita a la franciosa, subito sarà impresa. Ècci niuna fanciulla a maritare, o maritata, che sia vestita a la moderna? Come vedranno quel vestire, subito faranno guastare i loro, per recargli a nuova forgia. Sai che si vorrebbe fare? Egli si vorrebbe prima bruciare la donna che si veste, e poi la madre che il consente, e doppo loro el sarto che le fa. Per certo, s’io l’avesse a fare, egli non si farebbe niuna forgia nuova; chè non v’avedete che gli è uno guastamento de la vostra città! E vôvi dare questa codetta; che chi gli fa, e chi li porta, e chi gli fa portare, peca ogni volta mortalmente; ma molto più il sarto, il quale reca tale usanza; che col suo assottigliare lo intelletto è cagione di molto male: e questo fanno pure per guadagnare.
Dannosità, ell’è l’ultima. Quanta robba tenete voi oggi morta in casa vostra, e quanti so’ di quegli che, con tutto che n’abbino assai, anco ne comprano più? Meglio ti sarebbe che quelli danari tu gli mettesse ne la tua bottiga in mercanzia, che tenerli morti come tu fai. Dimmi ancora. Hai dei pegni al giudeo, che costano cotanto il mese: oh, quanta ne potresti menovare, se tu ti sapesse regolare! Tu hai dei pegni al giudeo, e vuoi tenere i gòffani pieni di panni, che non ne fai nulla, e continuamente l’usura ti rode l’ossa. Quando io pongo mente pure a’ vostri fanciulli, quanto oro, quanto ariento, quante perle, quanti racami lo’ fate portare! Tutte questa cose tenete morte, e potreste riempire le bottighe vostre, e’ fondachi vostri di mercanzie, e far buona la città voi medesimi.
E qui hai veduto dieci malignità e dannosità de la