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predica trigesimasettima | 199 |
lato, voi avete tanta robba, che voi non sapete che farne; e più tosto la volete lassare infracidare, che darla a quelli bisognosi. Deh, ricognoscete il bene che voi avete, e vogliate muovervi a piata di loro. Fate che qualcuno se ne levi e faccisene capo, e qui il Pecoraio1 abbi cura de’ denari. Così voglio dire a voi, o donne: fate che in ogni contrada se ne levi qualcuna, e fate che ella sia buona e degna di fede, e che e’ sieno proveduti per qualche modo. Dove non è carità e piatà, oh, egli mi pare il male segno, come io vego in voi. — A casa.
Dove siamo? Superfluità. O tu che abondi ne la robba, va’, vede Ieronimo come il dice chiaro, o tu che hai della robba assai. Aliena esse conveniuntur, quae superflua possidentur: — Egli si conviene che sia d’altrui, quello che si possede di superchio. — E di chi credi che debba essere? Non d’altri, se non di colui che n’ha vanità. Ma diciamo un poco: perchè debbi tu avere più robba che colui? Aresticela tu forse recata? Tanta parte ci hai tu, quanto il pòvaro; e però si conviene che se tu n’hai in abondanzia, tu ne dia a chi ne pate caro. Ode Iob, quello che disse di sè medesimo2: Nudus egressus de utero matris meae, et nudus revertar illuc: — Innudo venni del ventre de la mia madre, e innudo vi debbo ritornare. — E qui parla de la terra, nostra madre.
Adunque, tu vedi che essendo ne l’abondanzia de la robba, e un altro ne la necessità, tu ne debbi dare a quello bisognoso, e non daendoneli di quello che tu hai d’avanzo e lui carestia, sempre pecchi. Io dico bene così, che egli t’è lecito di serbarti il tuo bisogno, ma dal