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lato, voi avete tanta robba, che voi non sapete che farne; e più tosto la volete lassare infracidare, che darla a quelli bisognosi. Deh, ricognoscete il bene che voi avete, e vogliate muovervi a piata di loro. Fate che qualcuno se ne levi e faccisene capo, e qui il Pecoraio1 abbi cura de’ denari. Così voglio dire a voi, o donne: fate che in ogni contrada se ne levi qualcuna, e fate che ella sia buona e degna di fede, e che e’ sieno proveduti per qualche modo. Dove non è carità e piatà, oh, egli mi pare il male segno, come io vego in voi. — A casa.

Dove siamo? Superfluità. O tu che abondi ne la robba, va’, vede Ieronimo come il dice chiaro, o tu che hai della robba assai. Aliena esse conveniuntur, quae superflua possidentur: — Egli si conviene che sia d’altrui, quello che si possede di superchio. — E di chi credi che debba essere? Non d’altri, se non di colui che n’ha vanità. Ma diciamo un poco: perchè debbi tu avere più robba che colui? Aresticela tu forse recata? Tanta parte ci hai tu, quanto il pòvaro; e però si conviene che se tu n’hai in abondanzia, tu ne dia a chi ne pate caro. Ode Iob, quello che disse di sè medesimo2: Nudus egressus de utero matris meae, et nudus revertar illuc: — Innudo venni del ventre de la mia madre, e innudo vi debbo ritornare. — E qui parla de la terra, nostra madre.

Adunque, tu vedi che essendo ne l’abondanzia de la robba, e un altro ne la necessità, tu ne debbi dare a quello bisognoso, e non daendoneli di quello che tu hai d’avanzo e lui carestia, sempre pecchi. Io dico bene così, che egli t’è lecito di serbarti il tuo bisogno, ma dal

  1. Francesco detto il Pecoraio ai tempi di S. Bernardino aveva la cura delle limosine fatte in sollievo de’ prigioni (M).
  2. Cap. primo, vers. 21.