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382 | predica vigesimaottava |
amore di Dio e a sua laude e gloria. Dirà colui che piglia l’osso: — io ho pure migliore appetito, e cavo quello diletto per quello digiuno: io non voglio digiunare per non avere quella consolazione. — Io non ti dico così, io; ma va’ e digiuna e fa’ che tu mangi una buona scudella di fave e assai, e lassa andare la tua fantasia: fa’ il tuo digiuno per amore di Dio, e non dire: — s’io digiuno, io ne cavo quello diletto e parmi migliore l’aglio quando io digiuno, che non mi pare il pane quando io non digiuno. — Non comprendi tu che Iddio non ti comanda mai niuna cosa naturale? Elli ti ha dato il cognoscimento; chè tu puoi comprendere che noi siamo suggetti alle cose naturali. Egli t’ha dato lo intelletto, perchè con esso tu cerchi le cose sopra naturali. Piglia quelle parole di Job: Memoria illius non sit ec.: — La memoria di quello diletto fa’ che tu la gitti via, come se fusse legno fracido, e piglia la intenzione che si muove per gloria e onore di Dio. — Però piglia ogni fatiga, ogni astinenzia, ogni vigilia per amore di Dio, e non pensare in altro, però che non ti bisogna.
L’ottava regola. Ogni volta che nella tua opera v’è più diletto spirituale che naturale, e non vi sia pecato mortale, sempre è buono. Pigliane l’essemplo di quello che n’è il peccato. Tu andarai a predica, e andarai più per udire i modi suoi,1 i gesti suoi e gli atti suoi, perchè so’ piacevoli, che per udire la dottrina che elli ti dà. Questo è pecato. Simile, quando tu vai colassù al duomo, dove si dice con tanta solennità l’uffizio divino, sentivi sonare gli organi, sentivi cantare: tu cavi più diletto di quello suffilare e di quelli canti, che tu non hai alla cosa che dicono. El tuo pensiero non va se none in
- ↑ Intendi del predicatore.