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predica vigesimaquinta 289


amico chi va in Consiglio. O sciagurato, come puoi tu far bene a lassare la bottega, e andare dietro a questo e a quello e quell’altro? E benchè tu abbi l’uffizio, tu stai sei mesi all’uffizio, e poi starai un anno e più senza uffizio; e in questo tempo che tu non hai uffizio, tu logri ciò che tu avei avanzato; dove tu aresti guadagnato qualche cosa a fare il tuo mistiero o la tua arte. E però io mi credo che voi aviate proveduto molto bene a fare i bossoli1 che voi volete fare; nel quale fate che voi non vi mettiate se non buoni e atti e che meritino. Se volete mantenere la città e anche il contado, non vi mettete niuno gattivo. Dice il gattivo: — oh, questo non si fa per me! — Io ti rispondo e dico, ch’egli è molto ben fatto, che quando si fa el bene de la repubblica, è meglio che se fusse bene a uno proprio.

Or tòlle la quarta e l’ultima; mendax in artifitio. O bugiardo artefice, o tu che lavori la lana, o tu che fai le scarpette, o tu che vendi; la prima cosa che tu fai, come il compratore viene a te, si è che tu ti poni a cuore di non véndare eziandio uno sulfinello, che non vi dica sette bugie. Oh come tu fai male! Ben se n’avvede chi ha comparare; chè com’elli ti comincia a parlare, e tu a rispóndare, elli si pone in cuore di non crédarti nulla. Questi so’ i modi da far mancare ingiustizia in una città: dall’una parte e da l’altra viene meno.

Tu hai veduto dodici cose contrarie alla giustizia in questa siconda parte principale. Vediamo la terza parte principale, dove dissi dello uffizio grazioso: Qui iudicatis terram. Vediamo l’effetto che seguita, e questa è più bella e più utile, che niuna delle già dette, e hottela serbata

  1. Vuol dire, imbossolare i nomi di que’ cittadini che potevano essere tratti ad esercitare uffizi pubblici (V. anche a pag, 260, n. 1).