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predica vigesimaquinta 287


La terza dissi: avarus in offitio; — l’avaro nello uffizio. — O voi che andate a uffizio per le terre e delle città e del contado come robatori affamati, con intenzione di ragunare non licitamente, dice colui: — oh, costui, non è avaro! Anco è avaro colui che presta a usura, però che per la avarizia presta. — Io odo che voi avete fatto che niuno usurario non vada a uffizio niuno. Io ve la lodo, che voi avete fatto molto bene; ma io ti dico; chi sarà quello che vada a questi uffizi? Voi avete ben fatto che non vi vada; ma chi v’andarà, che siamo tutti usurari? E chi è colui che non sia usuraio o non favoreggi l’usuraio? Io non ce ne so niuno. Uno modo ci è: mieffe! mandaremvi‘1 le donne. — Oh, e’ ci ha anco delle donne che prestano a usura, sì che anco loro non si conviene che vi vadano. — Mieffe! mandiamvi e’ contadini che accattano; e costoro saranno buoni a mandarveli, poichè per bisogno accattano. Avete voi posto mente, quando uno avaro va in uno uffizio? Egli fa come fa uno lupo, il quale si purga dentro. Come egli è eletto uffiziale, egli ha un affetto d’andare all’uffizio, che tutto pare che si strugga; e li pare mille anni di giógnare, per pelare ora questo e di rubbare quell’altro, e di scannare quell’altro, come fa proprio uno lupo quando è ripieno, che se va a purgare in sull’arena per potersi meglio e più riempire. Doh, io ti voglio dire quello che vidde uno frate, e dissemelo a me che l’aveva veduto. Disse, che uno lupo aveva preso uno porco cinghiale presso a uno luogo de’ frati: quand’ebbe morto questo porco, e egli il lassò stare, e andossene a uno fiume e empissi il corpo di rena, e purgossi molto bene. Quello fiume era un poco di lónga a questi frati. Essendovi chi

  1. Il Cod. Sen. 6, mandarvi: il Cod. Sen. 5, mandianci.