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286 | predica vigesimaquinta |
sub modio, sed super candelabrum: — Niuno accenda la lucerna, la quale debba fare lume ad altrui, e pongala sotto lo staio, ma pongala sopra al candeliere. — Io vo’ parlando chiaro, sempre atacandomi al manico dei dottori, che ne seppero assai assai più che io non ne so io. Voi sapete quello che vi dissi l’altra volta ch’io ci fui; e però dico, se ci è niuno che abbi inteso ch’io ci abbi detto nulla contra a Dio, io il vo’ pregare che inanzi ch’io mi parta, mel venga a dire, o egli me lo scriva, e non mi lassi partire che non mel facci sapere. E se io conoscerò avere detto niuna cosa male, io vorrò tornare a l’amenda; e diròvvelo palesemente ciò ch’io ho detto, in quello che io ho conosciuto per la vostra salute e per farvi uscire dal mal fare. E così voglio dire a te, che tu t’ingegni di fare uscire il peccatore della via del peccato, però che tu ne se’ tenuto: nol tirare addietro, quando egli fa bene: non volere cianciare delle cose di Dio. Egli ne va uno grande fatto, a méttare a pericolo pure una anima sola, non che tanto popolo.
Torniamo al fatto de’ nostri lupini. Dico a te che sei buono, che debbi aitare quello, colui che merita l’uffizio col tuo lupino, il quale ti dimostra il tuo cuore. Se dai il lupino a ragione a chi il merita, tu hai il cuore buono, se nol dai bene, tu hai il cuore gattivo. Simile debbi fare co le parole, aitare il buono, e così in oparazione aitarlo. Non vedi tu se tu favoreggi la ingiustizia col tuo lupino, quanto male tu fai? Se tu aiti il gattivo col cuore, colle parole c colle operazioni, tu diventi nemico della giustizia, tu aggravi tanto la tua coscienzia, che tu ne vai nel profundo dello inferno. E però non aitare mai il gattivo; aita il buono, che è verace giustizia. Oh, vi vorrò uno dì dire di chi favoreggia l’usurario, che n’è tenuto a restituzione di sodisfare.