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predica vigesimaquinta | 281 |
taffio1, solo per denari, facendolo avere talvolta una badìa o uno vescovado. E questi so’ quelli che dicono peggio che gli altri, e so’ i primi a dirne male. Simile voglio dire delle monache, che ’l primo che dice male delle monache, si è colui che ce le mette, e’ loro parenti proprii. Oh, non dico de’ frati per ora, chè non è solamente uno che ne dichi bene! Chi mormora delle monache? Pure chi ve le mette. O perchè ve le metti? Or bene. Doh! basti di questo cupidus sacerdos in templo.
Sicondo: falsus iudex in consistoro. O, quando egli è in consistoro uno falso giudice, egli può fare quanto male! Sai perchè? Perchè egli sa ogni male e ogni modo di farlo. Oh! io ho ante tante querimonie in molti luoghi, che ho udito che mai questione che sia incominciata, non si mette a fine; nè questioni, nè piati. Oh se voi sapeste quanto Iddio l’ha per male! E che viene a dire questo piatire? Nulla, se non spende, spende: dà l’una sentenzia2; asegna termine, accusa la contumacia; prolònga tempo; assegna la copia e il termine: nego isto: probo. Intanto fornisce il tempo dell’ufiziale, e vassi con Dio; e non si finisce la questione, che era già finita. E conviensi poi cominciare a l’altro ufiziale che entra; e non è fatto nulla, se non ispèndare chi ha la ragione e chi ha ’l torto3. Or togli la terza.
Terzo: detractor in secreto. O che mala bestia è il detrattore! Io ve ne parlai l’altro dì. Elli non è cosa che tanto sia stirpativa della giustizia, quanto è il detrattore della giustizia in secreto: che uno dica male di colui, e