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236 | predica vigesimaterza |
guitare nè nominare; sìmile col cuore, che non l’ami più a nulla; e anco dell’operazione, non si vuogli mai più ritrovare1 nè dare aiuto per niuno modo, nè con parole, nè con fatti; conviensi che in ogni modo egli le rinnieghi. Poi puoi èssare assoluto.
La prima delle tre ultime: dico che di mille parziali non se ne salva uno. La cagione si è, che elli non se ne confessa mai. Io t’ho già detto che elli è de’ gravi peccati che si facci. Adunque, se elli non se ne confessa, che non se ne fa coscienzia, che díe èssare dell’anima sua? Die capitare male. Egli si conviene che venga a questo: Qui fecit peccatum, servus est peccati:2 — Chi fa il peccato, è servo del peccato; — cioè servo del diavolo, e non díe èssare mai di quello di Dio; però che egli è diviso da Dio e da ogni buono vivare. Però piglia per regola generale, che chi muore in notorio peccato mortale, non di’3 èssare sotterrato in sagrato, ma díe èssare sotterrato al fosso cogli asini. Dice Agustino, che questo è un bastone, col quale Idio gastiga in questo mondo i gattivi; che talvolta per la ostinazione de la parte, egli è mortagghiado. Che credi che si debbi fare di costui? Ma che? Eh gli ostinati non intendono cosa ch’io dica! La ragione si è perchè non hanno niuna buona volontà; non avendo buona volontà, non è in carità, e non essendo in carità, e Idio non lì ama. Dunque, a casa del diavolo vai, e ’l corpo al fosso.
La siconda, e notala bene questa conclusione; egli è bene di volerla sapere: qualunque persona muore con segni evidenti di parti, e non dimostra segno al pèntarsi,