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226 | predica vigesimaterza |
s’apica a ogni cosa e a ogni persona, o vuoi cittadino o vuoi forestiero. Vuolo vedere? Or poniamo che una terra sia tutta guelfa et un altra sia tutta ghibellina, e poniamo che sia uno francioso che vada ad abitare in una di queste due terre, e stavvi un tempo1. Per l’abitare che vi fa, con tutto ch’egli sia francioso, sì pigliarà parte e vorrà bene all’una, e all’altra vorrà male. Da che viene? Viene dalla maladetta pestilenzia, che ha già fatto colui infetto, ch’era netto senza nissuna macula. E potrebbe tanto fare questo francioso, che potrebbe pericolare questa città per la contaminazione sua. Fanciulli, o fanciulli! Vi è quaggiù capestri,2 vi è quaggiù! Tutti quanti, fate lo’ luogo. Or così. E sarebbe buono ch’el padre sel menasse3 allato a sè, e talvolta toccarlo e dirli: — ode quello che ’l frate dice. — Oh, quanto lo’ sarebbe utile, che se ne racordarebbero poi una età! A casa. Ode l’altre tre conclusioni.
Prima: dico che non è sotto la cappa del cielo4 peccato che pareggi questo delle parzialità, per li tanti mali che ne seguitano. La ragione, l’autorità e l’essemplo. Prima vediamo de’ danni temporali. Io n’ho veduti tanti danni! Arse case, sì ne le città e sì nel contado, che quasi non è rimasto niuna in luogo ec., e le vigne tagliate, boschi e selve arse, insino a le chiese; menato via il bestiame, consumate le ricchezze grandissime per lo mantenere le guerre. Quante giornee sapete, donne, delle vostre maniche grandi; e poi quando si torna a casa, sono mancati i denari, mancate le mercanzie, l’arti ve-