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predica decima 265


son coloro i quali so’ tanto ostinati, e tanto si lassano cavalcare a’ diavoli, che hanno posta la volontà loro ne’ diavoli, che gli guidano con superbia; i quali infine saranno tanto trasportati in qua et in là da loro, che lo’ farà rómpare il capo, per modo che andarano poi a casa maladetta. Colui che va in alto con superbia, cade poi un gran botto: e vòtene1 dire un esemplo. Fu uno cittadino in una città nella quale erano molte parti, e venendo questo cittadino in infermità, egli si confessò d’ogni suo peccato che elli si ricordò. E questo tale aveva dentro in sè tenuto più da una parte che da un’altra, ma non ne parlò mai, nè mai dè2 vigore a niuno, ma solo in sè aveva desiderio più dell’una parte che dell’altra, e di questo mai non si confessò. Avenne che costui morì, e colui che l’aveva confessato ebe una cotale visione: come essendo lui in estasi, e’ parvegli vedere l’anima di costui dinanzi alla sedia di Dio, e dinanzi era l’angiolo buono e l’angiolo gattivo, i quali avevano seguitato costui tutto il tempo della vita sua. Et apresentato costui a Dio, Idio disse: cuius est imago haec? — Di cui è questa imagine? — Rispose il diavolo: Caesaris, cioè dire, ella è mia. Disse Idio: — e perchè è tua? Rispose il demonio: — perch’ella ha avuto nel cuore la parzialità che è centra la carità. — Allora disse Idio a’ ministri per sentenzia: Reddito erge quae sunt Caesaris Caesari: e subito il diavolo prese quella anima e portolla a casa calda. Vedi che quest’anima solo si perdè per avere avuto nel cuore la parzialità: e però guardatevi da questo pessimo veleno delle parti.

  1. Cioè, te ne voglio (M).
  2. Diè, diede.