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predica decima 249


salvare, non potrebe far meglio che rispondere: — viva Idio, viva Idio! — e se pure gli fusse fatta forza che egli dicesse: — viva la tal parte, e non volesse dirlo; dico che se costui fusse tagliato a pezzi, benchè egli avesse migliaia di peccati, senz’altra confessione, io tengo che egli sia salvo; più che s’egli avesse adempire voti, o a restituire: dico, che egli è sciolto d’ogni cosa. O può èssare? — Si. O pruovamelo. — Volontieri: Giovanni è mio testimonio. Maiorem charitatem nemo habet, ut animam suam ponat quis pro amicis suis1: — Niuno può avere magior carità che colui il quale pone l’anima sua per lo suo amico. — Or non vedi tu quanta carità costui ha dimostrata, che vedi che per Cristo egli ha voluta dare la sua vita; che prima che abi voluto fare contra la sua volontà, ha voluto prima il martirio? Egli ha dimostrata maggior carità che di dare tutta la sua roba, più che andarsi a comunicare, più che andare al Santo Sipolcro, o a Roma; e non può avere maggiore carità in sè, che dire: — io so’ di Cristo. —

L’altro è colui che dirà: — io so’ guelfo o ghibellino, e so ben buono; — e costui el dirà per sollazzo; e chi il fa, non facendolo se non per ciancie, egli è in peccato mortale. E dico lui, che dicendolo io per cotal modo, io sarei in peccato mortale2. Se io non tel mostro per ragione, autorità et esemplo, non mi crédare. Vede la ragione.

Quando uno confessa èssare o guelfo o ghibellino, con tutto che egli il dica per sollazzo, egli dà gattivo

  1. Vangelo di San Giovanni, cap., XV, vers, 13, ma è da correggere così: Maiorem hac dilectionem nemo ec.
  2. Così i Codd., nè è facile coglierne il senso. La stampa ha: E dicovi che dicendalo io ec.; ma niun Cod. conforta questa lezione.