Prediche volgari debbono tornare accette non solo a coloro che le riguarderanno come documenti di morale cristiana e propri ad esercitare lo spirito, quanto a quelli che insieme colla storia de’ costumi e delle opinioni vi cercassero anche quella della lingua. Non dubito che a taluni parrà, doversi fare addebito al nostro fervido oratore di soverchia libertà di linguaggio, dimostrandosi egli poco riguardato in certe parole ed in certi ragionamenti. Lasciamo star le parole, alcune delle quali col volger de’ secoli restarono nel signiflcato alterate; ma non sia chi di siffatte licenze si offenda, se prima non si riconduca col pensiero all’età in che le Prediche furono dette, ed in mezzo a quegli uomini; i quali, non meno delle virtù, avendo grandi anche i vizi, questi non sapevano palliare, come tanto bene sa l’età nostra, col velo leggerissimo della ipocrisia. I rimproveri a mezza bocca, gli argomenti allusivi, le parole melate ripugnavano alla natura schietta e semplice dell’Albizzeschi; il quale dove pure non avesse aborrito dall’usare cotali espedienti, conosceva, che per tal modo non avrebbe raggiunto la mèta di tante sue veglie e fatiche. Poichè egli col predicare guerreggiava in Siena e per tutto una grossa guerra contro i principali nemici dell’uomo, che sono il vizio e l’ignoranza; e se l’austerità della vita gli era usbergo, la sciolta e libera parola gli teneva luogo d’arma tagliente per farsi