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intraduzione iii

Caterina da Siena.1 Suo padre, Tollo o Bertoldo Albizzeschi, era d’antica e nobilissima famiglia sanese; alla quale non cedeva per la chiarezza del sangue e per verun altro rispetto la famiglia massetana dei Todini, cui si vuole appartenesse donna Nuta, madre del Nostro. Il quale, rimasto orfano in tenerissima età, venne fanciullo presso alcuni suoi congiunti in Siena per attendere meglio alli studi. Applicò, dapprima, benchè contro voglia, al gius canonico; quindi con molta passione alla teologia insieme ed alle lettere, superando facilmente i condiscepoli per la felicità dell’ingegno e per la memoria, quanto veloce all’apprendere, altrettanto delle cose apprese tenace.2 Giovane di vent’anni, e già acceso da molto fervore religioso, sentì voglia di ritrarsi nella solitudine di un bosco, e là vivere nelle privazioni e nelle preghiere a mo’ d’eremita. E di fatti un bel giorno, provvedutosi di una bibbia per leggere, di una schiavina per vestire e di una pelle per ripararsi dalle pioggie, prese la via di Massa in traccia di un bosco o d’una selva che gli convevole

    vole sono appese nel vestibolo dell’aula capitolare nel Duomo di Siena: l’altra in una sala del palazzo comunale.

  1. Nella predica dell’8 di settembre, che è la vigesimaquarta, così dice: Voglio che voi sappiate ch’io nacqui in tal di qual è oggi ec.
  2. Scrive il p. Amadio Luzi nella vita del Santo, ch’egli ebbe in Siena a maestro di grammatica un tal Onofrio, e di umanità e rettorica Giovanni da Spoleto. Questi è quel Giovanni di Buccio che nello Studio sanese leggeva con gran plauso Já Divina Commedia, alla quale sono accenni non infrequenti nelle Prediche. Un’intera terzina, per esempio, n’è riportata nella Predica vigesimaterza.