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apologhi e novellette | 57 |
sarà atto a fare una cosa, e un altro sarà atto ad un’altra; e quando ti bisogna andare al vescovo, non venire a me, ch’io non son buono al fatto tuo. Quanto ti bisogna andare a’ Signori, non capitare a me, che anco non ti posso fare nulla: va’ a loro tu. E questo dico a ognuno; però che il vostro venire a me è uno perdimento di tempo: che potrei stare a studiare e fare una predicozza a la magnifica a onore di Dio; e voi sête cagione ch’io non posso stare a studiare per estare attèndare a udire voi.
LA VISIONE DI FRATE RUFFINO
Quante so’ di quelle che dicono: “Oh, elli m’è venuta una bella visione stanotte. Io viddi cosí e cosí, e dissemi ch’io avrei la tale e la tale cosa.” L’altra dice: “Elli m’è aparita la Vergine Maria.” L’altra dice: “Elli m’è aparito uno angelo.” L’altra dice: “E’ m’è aparita la luna;” e l’altra il sole, e l’altra la stella nella mia camera che tutta riluceva. Sai che ti dico: “Quella è tutta pazzia che t’è intrata nel capo, o se pure è nulla, egli è qualche cosa che ti farà mal capitare, se tu non ti saprai guardare. Sai perché? Perché non credo che tu sia migliore che fusse frate Rufino,[1] compagno di santo Francesco, al quale gli aparve il diavolo a modo d’uno crocifisso, e dicevagli: “Questo tuo Francesco tiene
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