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introduzione ix

su i pubblici uffici, sul vizio della sodomia, su le vanità donnesche, su la elemosina, su gli avari, su la pace.

Queste prediche, improvvisate quanto alla forma, produssero un grande effetto su gli uditori. Un cronista del tempo scrive: “Ci pareva d’esser tutti santi e avendo buona devozione...” E anche oggi, benché prive della viva voce del santo, leggendole, noi proviamo una grande consolazione di spirito, sentiamo l’onda fresca dell’unanime consenso popolano intorno alla umile figura del frate, si comprendono gli sforzi, resi vani dalla sua umiltà, che facevano i senesi per averlo vescovo della loro città, si spiega la grande autorità morale che godeva anche presso i pubblici ufficiali, i duchi, i capi delle repubbliche, l’imperatore.

Enea Silvio Piccolomini, poi Pio II, scriveva di San Bernardino: “Erat enim in dicendo facetus, mirisque modis homines ad risum trahebat, flectebatque mentes hominum quocumque volebat.

Degno di studio speciale è il mondo rappresentato dal Santo nelle sue prediche. Gli uomini e le cose son del suo tempo, ma l’anima ne è eterna. Donne, fanciulli, magistrati, preti, mercanti, usurai, maldicenti, sodomiti, faziosi: è un mondo vario, vivente, drammatico. I vizi e le virtú, le verità e gli errori, le novità e le tradizioni, su tutto s’indugia lo spirito analitico del santo. E non guarda in faccia a nessuno, è franco, schietto, talvolta rude nel suo linguaggio. Gli preme di non andare “a casa calda.”

Osserviamo un momento. Parla dei maldicenti, di questa trista genia che semina tanta zizzania di sospetti e di discordia. Il santo ama chiamarli “detrattori.” Sembra che anche allora non difettassero. Lasciamo che ce li dipinga san Bernardino: “Sai com’egli fa