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ii. lettera semiseria di grisostomo | 35 |
E ciascuno de’ cani s’avventò aizzato sul primo oggetto che gli si parò innanzi. Insanguinato cadde a terra il mandriano, insanguinate caddero l’una dopo l’altra le vacche.
A stento la belva si sottrae a quel macello, con sempre minor lena di corso. Spruzzata di sangue, intrisa di bava, eccola prendere il cupo della foresta e ripararvisi. Addentro addentro ella si inselva, e viene a trovar nascondiglio nella cappella di un eremita.
Via via, senza posa mai. — To to, ciuee ciuee, to to to! — Allo scoppiar delle fruste, all’abbaiare de’ veltri, allo squillare dei corni la schiera feroce anche colá si precipita.
Il santo eremita uscí della cappelletta e si fece incontro con mite scongiuro.
— Rimanti, rimanti, abbandona la traccia. Non profanare l’asilo di Dio.
La creatura manda gemiti al cielo e implora da Dio il gastigo tuo. Lasciati per l’ultima volta ammonire, o la tua empietá ti trarrá in perdizione. —
Sollecito il cavaliero a destra galoppa innanzi, e con dolcezza e bontá ammonisce il conte. Ma il cavaliero a sinistra lo infervora, lo instiga all’oltraggio maligno. E, oh Dio! ad onta delle ammonizioni del cavaliero a destra, egli si lascia traviare dal cavaliero a sinistra.
— Che empietá, che perdizione parli tu mai? Forse — grida egli, — forse che la mi spaventa gran fatto? Questa mia caccia, dovessi io anche vederla spinta fino al terzo cielo, che rileva, che monta a me? Sí, per Dio! vo’ proseguirla, voglio sbramarmi. E sia pure a dispetto di te, o scimunito, e a dispetto di Dio. —
Egli mena vibrata la frusta, dá fiato alla cornetta. — Olá, compagni, addosso addosso! dálli dálli! —
Oh Dio! Ecco in un tratto spariscono innanzi a lui ed eremita e cappelletta; spariscono dietro a lui e cavalli e pedoni. E in un batter d’occhio, e fracassi e suoni ed urli di caccia, tutto tutto ingoia un silenzio di morte.