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e la minaccia, affinché non osi contaminare le labbra della donna bella. Madhavuya rammenta al re che quell’ape non è viva e ch’altro non è ch’una pittura. — Crudele ! — risponde egli. — E perché rammentarmelo? Io mi godeva l’aspetto della donna dell’anima mia; e tu che bisogno avevi, o crudele, di farmi avvertito ch’eli’ è una pittura? —

I lamenti di Dushmanta sono interrotti da alcuni ministri reali, che vengono ad interrogare la volontá di lui intorno a cose pubbliche di gran momento. Chiamato ad esercitare l’ufficio regio, il re raccoglie l’animo ed emana decreti savi. Il cuor suo è inclinato ad una beneficenza inusitata. — Chiunque d’ora innanzi rimarrá orfano troverá in Dushmanta un padre amoroso. A chiunque perderá alcuno de’ suoi congiunti verrá in soccorso Dushmanta, e terrá luogo egli de’ defunti (0. — S’intenerisce, torna al delirio, prorompe in un pianto dirotto, e sviene.

La ninfa, contenta del pentimento di Dushmanta, corre a consolare Sacontala. Un tumulto dietro la scena scuote il re dalla sua prostrazione. È Madhavuya, l’amico suo, che grida d’essere rapito da un cattivo genio ed implora soccorso. Il re si leva in armi e libera l’amico. Mátali, auriga del dio Indra, aveva finto quel rapimento, onde provocare ad ira il re e toglierlo cosi all’acerbitá della sua afflizione. Mátali per ordine celeste intima a Dushmanta di andare a sconfiggere i figliuoli di Calanèmi, i dèmoni Danavas, giganti indomiti. — Tu dèi salire sul carro d’Indra. Vieni meco; io stesso ti condurrò alla battaglia. — Il re obbedisce; monta sul carro e parte.

ATTO VII

Dushmanta e Mátali nel carro del dio Indra.

(Si suppone ch’eglino sieno al di sopra delle nubi).

I fieri dèmoni, che muovevano assalto al trono del dio Indra, furono vinti e dispersi da Dushmanta. Indra ha ricompensato il vittorioso, facendoselo sedere a destra ed esaltandolo al cospetto

(1) Badino i lettori gentili a questo miscuglio d’amore e di caritá del prossimo, sentimenti affini.