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delle cure mie: la terra cinta dal mare sulla quale io impero, e Sacontala, l’amica mia. —

Dopo i giuramenti del re, le ancelle, mendicate alcune scuse, destramente si ritirano e lasciano libertá agli amanti. La vergine. trovandosi sola con un uomo, diventa timida oltre l’usato, china gli occhi, accusa di tradimento le compagne, e vorrebbe partire anch’ella. Dushmanta gentilmente le si oppone. Ed ella: — Lasciami, lasciami andare, te ne scongiuro. Oh destino mio infelice! — Il re la lusinga tuttavia, e la rattiene afferrandole la fimbria del mantello. Ed ella: — Figlio di Puru, serba, deh! serba la tua ragione. — Qui ha luogo una scena di galanterie, di sospiri, di oneste repulse, di desidèri, d’astuzie amorose, ma decenti, ecc. ecc.; e tutto finisce con un bacio che l’amante furtivamente stampa sulle labbra all’amata. Sopravviene in quel mezzo Guatami, la matrona guardiana di Sacontala. La fanciulla, intimorita, prega l’amante a nascondersi. Egli obbedisce. Il giorno cade. Guatami persuade a Sacontala di ritirarsi alla capanna; e la fanciulla, docile all’invito, tiene dietro ai passi della matrona; ma il cuore le piange di doversi separare dall’amante.

L’atto ha termine con un soliloquio di Dushmanta, il quale, riandando i momenti passati, si duole d’essere stato troppo timido, ed intanto si pasce delle dolci memorie (0 che in lui destano il sasso su cui sedeva Sacontala, i rami del vetasas che formavano come una pergola sul capo di lei, la foglia di ninfea ch’ella teneva nelle mani, ecc. ecc. ecc.

ATTO IV

Pianura innanzi alla capanna.

Anusuya e Priyamvada vanno cogliendo fiori.

Anusuya. O Priyamvada! E vero, l’amica nostra è felice: s’è maritata, è vero, secondo i riti d gandharvas ( 1 2 ) ad uno sposo pari a lei per dignitá e per meriti. Eppure il cuor mio non è senza angustie per amore di Sacontala, e mi tormenta un dubbio...

(1) Questo soliloquio somiglia a quel sonetto del Petrarca che incomincia:

Sennuccio, i’ vo’ che sappi in qual maniera.

(2) «Gandharvas», uno de’ nomi che gl’indiani danno alle schiere celesti o sia geni buoni, chiamati altrimenti vdewla». Gl’indiani hanno otto diverse maniere di