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XIV


Intorno ad un poemetto di C. Tedaldi-Fores1


Molte idee false intorno al romanticismo si fanno diffondere maliziosamente in Italia da chi ha interesse a screditarlo. La piú ricantata ne’ crocchi, tanto dai furbi quanto dalla buona gente che si lascia abbindolare da chi ha piú voce in capitolo, è che le dottrine romantiche sieno la teoria dell’assoluta mestizia e dell’orrore, e che nessun componimento poetico possa essere lodevolmente romantico se non è una vera galleria di tutte immagini lugubri, di atrocitá, di spaventi, ecc. ecc.

Dopo la lunga professione di fede pubblicata da’ romantici in sei numeri consecutivi del Conciliatore2, sarebbe un perder tempo e un far torto alla sagacitá de’ nostri lettori il suggerir loro le ragioni colle quali confutare codesta accusa scipita. Per quanto certi faccendieri dell’opinione pubblica, servendo al loro instituto, s’industrino di ripeterla ad ogni momento, essa nondimeno è tale che non può trovare ricapito che presso il volgo. Intendiamo per «volgo» i poveri d’intelletto, i poveri di buona fede, non i poveri di borsa. E di siffatto volgo a’ romantici non cale piú che tanto.

Leggendo per altro il nuovo poemetto del signor Tedaldi-Fores, si potrebbe sospettare a prima giunta che anche questo ingegno non

volgare abbia voluto spassarsi a spese del vero e farsi beffa del romanticismo, e che se ne sia finto seguace

  1. Nascita, romanzo in quattro canti, di C. Tedaldi-Fores. Milano, presso Batelli e Fanfani, 1818.
  2. Idee elementari sulla poesia romantica.