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Eccolo, il sol! Frettevoli
pestan la guazza, e fuori
a seminati, a vigne
traversano i coltori.
645 Recan le facce stupide
che il gramo viver tigne;
scalzi, cenciosi muovono
sul suol dell’ubertá.
Dai fumaiuoli annunziansi
ridesti a mille a mille
i fochi dei castelli,
dei borghi e delle ville.
Dove piú folto è d’uomini,
a due, a tre, a drappelli
escono agli ozi, all’opere,
sparsi per la cittá.
Son questi? è questo il popolo
per cui con affannosa
veglia ei cercò il periglio,
660 perse ogni amata cosa?
è questo il desiderio
dell’inquieto esiglio?
questo il narrato agli ospiti
nobil nel suo patir?
Ecco, infra loro il téutono
dominator passeggia;
li assai con mano avara,
li insidia, li dileggia;
ed ei tacenti prostransi,
fidi all’infame gara
di chi piú alacre a opprimere
o chi ’l sia piú a servir.
In tante fronti vacue
d’ogni viril concetto
675 chi un pensier può ancor vivo
sperar d’antico affetto?