Pagina:Berchet, Giovanni – Poesie, 1911 – BEIC 1754029.djvu/88

90 POESIE POLITICHE E ROMANZE
Ma quando da canto le nostre lettiere
530 vedrem le sospese labarde guerriere,
e i grumi del sangue che un di le bruttò;
un altro bel nome ricorso alla mente
diremo alle donne; ciascuna, ridente,
poggiatasi al braccio che i fieri prostrò.
535 Direm lo sbaraglio del campo battuto,
e il sir di tant’oste tre giorni perduto,
tre notti fra dumi tentando un sentier.
La regia consorte tre notti l’aspetta,
tre giorni lo chiama dall’alta veletta:
540 al quarto misviene fra i muti scudier.
L’ han cerco nel greto, nell’ampia boscaglia;
indarno! Sergenti, valletti in gramaglia
preparai! nell’aula l’esequie del re.
No, povera afflitta, non metterlo il bruno.
545 Giú al ponte v’è gridi; lo passa qualcuno:
è desso, in castello; domanda di te.
No, povera afflitta, tu colpa non hai :
e il ciel te lo rende, né tu le saprai
le angosce sofferte dall’uom del tuo cor.
550 Ma taci, e ti basti che vano è il corrotto:
nessun di battaglia s’attenti far motto,
nessun con inchieste gl’ irriti il rossor.
È altrove, è fra i balli del popol ritroso
che fervon racconti del di sanguinoso.
555 Lá chiede ogni voce: — Guerrieri, che fu? —
Oh bello ! sul campo venir di que’ prodi,
tracciarne i vestigi, ridirne le lodi,
membrarne per tutto l’audace virtú!
Nei di del Signore, dinanzi gli altari,
560 allor che Tuoni, netto d’affanni volgari,
l’origin piú intende da cui derivò;
ignoti al rimorso d’averla smentita,
oh bello! in sen piena sentirci la vita,
volenti, possenti, quai Dio ne creò!