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II
Era sopito l’Esule;
era la notte oscura.
I sogni suoi travolti
altra pingean figura:
eran sembianze cognite,
giá discernuti volti,
gente su cui diffondesi
vitale ancora il sol.
Quale il piè lindo esercita
a danze pellegrine;
quale allo specchio è intento
a profumarsi il crine;
e qual su molle coltrice
s’adagia, e vinolento
rattien della fuggevole
gioia, cantando, il voi:
— Péra chi stolido
mi tedia l’anima,
querulo, indocile
a servitú !
Ebben ! che importami
se ornai l’ Italia
nome tra i popoli
non serba piú?
Forse che sterili
sul colle i pampini
ai prandi niegano
l’ ilaritá?
Forse che i rosei
baci ne mancano,
e i furti facili
della beltá?