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in un poco di prosa le immagini recate ne’ versi, e venendo innanzi a voi intarsiate di citazioni la piú parte in latino, ditemi di grazia quale concetto farebbero nascere del loro autore? Quello a un dispresso che, passeggiando sul corso, fareste d’uno de’ vostri bellimbusti, il quale, non badando alla caldura dell’atmosfera, si portasse indosso il mantello comperato ieri, tanto per ostentarlo oggi sotto il naso de’ suoi compagni. Sarebbe come un dire io a’ lettori: — Qua qua, signori, contemplate i bei ciottoli preziosi che son venuto raccogliendo, frutto delle mie lucubrazioni : qui arrestatevi ad osservare come i versi miei sieno un estratto di lambiccata erudizione. — Vergogna! Erudizione a proposito di nulla, erudizione che non costa uno zero; vanitá da ragazzi, polvere per gli occhi. No, no, miei cari; a guarire da siffatte ambizioncelle compassionevoli, basta solo il dilungarsi poche centinaia di miglia dal campanile della propria parrocchia e sporger muso a fiutare ben altre importanze nella vita umana, a rimpetto alle quali è pure una gran miseria lo struggersi a voler comparire quello che non si è. Perché ho scritto quattro versi, mi corre forse per questo il debito, come allo storico, di provare la veritá d’ogni cosa ch’io racconti con essi? son io per questo un avvocato a cui, pena la perdita della sua causa, sia d’uopo non indicare circostanze senza l’appoggio d’ un’allegazione? Gli accidenti ch’io narro tocca al lettore di procurar d’ intenderli, recando alla lettura quella meno sbadata attenzione che la poesia epico-lirica richiede, la quale, giá si sa, è una sciagurata che non vuole piegarsi a usare stile da gazzetta: ho detto «epico-lirica», ma a difinirla questa delle romanze, avrei dovuto dire con piú di precisione, come fanno parlando de’ venti, poesia «epico-lirico-lirica». Gli accidenti ch’io narro tocca al lettore di pigliarseli o come veramente somministrati dalla storia, o come consentanei ad essa e bene o male inventati. A me, nella qualitá di poeta, supponendo per ipotesi ch’io il fossi, a me non importa, e non deve tampoco importare, che ad un modo piuttosto che all’altro il lettore si attenga. L’incumbenza mia, secondo l’obbligo che me ne impone l’arte, non è di rappresentargli un fatto storico quale precisamente fu,