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135 Domandava il re giovane Abore dov’ei deggia per sé trovar letto. — Dormirai sovra azzurri cuscini, lá nel mastro salon dirimpetto. — Usci innanzi la nobil Signilda, 140 e sul ponte passò del salone; le va dietro il re giovane Abore: come in cuor se la ride il garzone ! Ad accender si fenno i doppieri : quanto in lor di sereno contento ! 145 Li seguiva l’ancella cattiva: quanto in lei di crudel maltalento ! Spento il lume, rimossa l’ancella, d’esser soli gioivan pensando; al cavarsi re Abore il guarnello 150 mancò poco splendessegli il brando. Ma l’astuto, a celarlo, sul letto si gettò d’una svelta maniera: e ben questo dirò in fede mia, gli si udí tintinnar la panziera. 155 Parlò allora la nobil Signilda, da pietá come proprio commossa: — Mai non vidi fanciulla si bella che portasse camicia si grossa. — E a re Abor colla man tastò il petto 160 dove tutto d’òr lucido è pieno: — Perché a te, come a ogni altra zittella, non ha fatto di crescere il seno? — Cavalcar le donzelle al Consiglio, usan lá nel natal mio paese; 165 però il crescer del sen m’è impedito dalle maglie di questo mio arnese. Giacquer li quant’ è lunga la notte la fanciulla e il re giovane Abore: dormir poco, parlarono assai, 170 ché assai cose lor vennero in cuore.