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Dio ti salvi, reale Signilda! Tu la seta ben torci e ben tessi: 65 qui mandommi re Abore, perch’io naspo e spola a trattare apprendessi. — Se re Abor t’ ha mandato, qui giungi siccom’ospite il piú benvenuto: mi fia caro insegnarti alla meglio 70 quanto io so di filato e tessuto. Quanto io mai so di naspo e di spola vo’ insegnare anche a te, o giovincella; e a un piattel tu con me mangerai, dormirai presso questa mia ancella. 75 — Io con prole di re ho pur mangiato e ho dormito con prole di re: or se a letto ho ad andar con ancelle, dovrò dire miserie di me. Muta, o vergine bella, i tuoi patti ; 80 guaio alcun non t’incoglie giá meco: fammi pur mangiar teco a un piattello, ma in un letto altresí dormir teco. — Tutte a gara le nobili donne ricamavan chi velo, chi tocca: 85 solamente il re giovane Abore gingillava coll’ago li in bocca. Ricamavan chi cervia, chi cervio, quali al bosco gironzano aiato: re Abor mai si gran tazza non piglia 90 ch’ei non tutta tracannila a un fiato. Entrò dentro l’ancella maligna, entrò in ora per l’Urie funesta: — Mai non vidi gentile donzella al telar meno idonea di questa; 95 mai non vidi leggiadra fanciulla la qual peggio orlar tela sapesse; mai non vidi altra nobil donzella la qual meglio il suo vin si bevesse. —