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Ma a Guiscardo rapito ogni ardimento avea l’aspetto de la donna amata. Timido a lui lo spirto e malcontento, giá rinfacciava la parola osata. Però sol da lontano e a passo lento lei per la china avea giú seguitata, dolente e irato de’ silenzi austeri onde la vergin si velò i pensieri. E poi che al fine in securtá venuta al poveretto albergo la vedea, stette immoto, affissò la soglia muta, e stette immoto ancora. E non sapea di quanto giá la notte era cresciuta, allor che scossa l’amorosa idea, sospirò forte, e a quella soglia, ahi lasso ! mandò l’ultimo sguardo, e mosse il passo. Sotto il sereno d’una poca luna al mar discende; e l’onda immensa guata, che via lontan si perde bruna bruna da niuna navicella viaggiata. Quel mar, quel fosco intorno al cor gli aduna un riposo, una noia inusitata, che come da la morte impaurito il fa tremare e rifuggir dal lito. Fin che torna quieto il pensier vago e l’anima d’amor gli riaccende. Ma l’ansioso né di sé, né pago di cosa alcuna ovunque l’Occhio intende, tenta il futuro s’una qualche immago lusinghiera al desio ivi gli splende; e delirando co’ suoi begli augúri, prega veloce il volo ai di venturi.