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Di memorie in memorie irrequieto quel pensier negro la fanciulla induce. L’ora, il loco, il pallor de Poliveto lungo la strada su cui muor la luce, van giungendo amarezza al cor segreto, tal che per gli occhi poi tutta traluce, quando coi tocchi lenti la campana ricorda i morti a la preghiera umana. — Pace — Olivia dicea, — Signor, concedi pace alla madre, sempiterna pace. S’ella torcea dal cammin dritto i piedi incautamente nel mondo fallace, tu a P ira no, ma a la pietá provvedi, e splenda a lei perpetua la tua face; sui falli suoi distendi il tuo gran velo, Signor, perdona e la richiama al cielo. — E gemeva, e la prece al limitare della casa di Dio ella iterava. Quindi men trista s’avviò a l’altare, quando per mille voci alto suonava la tua lode, o Maria; e te a le amare pene conforto il popolo cantava; te, eburnea torre, mattutina stella, mistica rosa, intatta verginella. A poco a poco l’armonia del canto il cor le vinse e serenolle il volto. — Forse che Dio non sdegna un umil pianto? forse che il prego mio Dio l’ha raccolto? Si pensando ella, al simulacro santo il fervor de la fede avea rivolto; e le parea vedere in un sorriso sul volto al simulacro il paradiso.