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negre di larve a te notti prepara. Sempiterna è la notte. Augure uso tenta or, se puoi, le stelle. Udisti, udisti? Sette volte la strige all’erma torre gemea lamenti. A ben diversi auspici, a forti passi il bel retaggio è sacro. Su ! su ! Lo sgombra, e l’ infamata serpe reca spenta ail’avite ombre tu stesso. In sua virtú sicura, ecco tra mille invidi dumi aprirsi un’altra il varco, e piú lucide al sol scioglier le squame del sinuoso dorso. O dai sospiri invocato d’ Insubria, inclito eroe, vieni, ed a lei, tu salvator, tu padre, l’auree sorti matura, alle tue glorie misti sono i destin. Cessa, o sorella. — E cessáro i misteri e tacque il canto dei vaticini, a cui fede aggiungea piovendo sangue la pallida luna. Sotto i piè delle maghe allor percossa improvviso la terra diede vento; e nei vortici chiuse e nella polve, agli odiati ornai prossimi albori imprecando, sparian le maledette. Però tutti nell’alma i carmi arcani raccogliendo il Petrarca, e della notte la truce meraviglia, oltre seguia la manifesta volontá dei fati, che a fuggir l’incitava. E potean forse gradito ancora al mansueto spirto e alle grazie compagne offrire ostello la stanza dei tiranni, ed una terra a cui spessi portenti davan segno di sovrastanti lutti? Ahi che non vane fúr le minacce! Come prima il sole lunge e in salvo conobbe il sacro vate, disfrenò l’ire, e per l’eteree vie perseguite le nubi, arbitro stette sovra i campi olonensi, esercitando pregni di fuoco inusitato i rai.