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fra le spose piú illustri. Allor che prima
appari la ridente giovinetta
nel romor delle danze, ognun d’ intorno
festeggiante le venne, a mente a lei
sé recando e del piè la leggiadria.
Ma il piú astuto Tigello affaccendato
cerca novelle di costei che forte
tutto il cor gli scompiglia, e si consola
poi che grandi ne ottenne. Ei seppe alfine
a chi Virginia delle chiome affida
la solerte coltura, e per qual dotta
mano la fece contigiata e liscia
quella che a mille il di cangia gli aspetti
inclita dea, la Moda, e che gl’ incensi
fin dalla Senna a delibar discende
d’Italia mia che a lei s’è prostituta.
Vasto quant’è lo stadio, egli d’un occhio
l’ha misurato. Ecco alla meta il corso
licenzioso intende, e giá in pensiero
cari pegni d’amore a lei destina.
Prima cura sará come la noia
di domestica pace alleviarle
debba, e di che colori a lei dipinga
dell’altre spose la ridente ognora
libera vita. Di pietá poi tócco
piangerá sulla tua, Virginia bella,
in si tenera etá dannata a sempre
non veder che lo sposo. E questo ancora
n’avrai tu dono, ché dal suo compianto
ti fian gli occhi dischiusi, e il non piú fido
tuo consorte vedrai d’una rivale
fatto mancipio. E i sapienti detti
e le donate a te pagine amene
ti faran cónto che virtú, pudore,
nomi son vani; necessario inganno
alla imbecille plebe ineducata:
ma che te, degna di sofia, tradiva
chi la severa institui tua vita.
Pien della nobil sua sublime idea
non ha requie le notti, e dopo un lungo