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VECCHIE ROMANZE SPAGNUOLE
tremar tutte le vegg’ io
del tant’esser combattute.
Le tue torri, che da lunge
solean essere vedute,
consolando il popol tuo
co’ fastigi singolari,
van dirúte poco a poco
senz’alcun che le ripari.
I tuoi merli, giá si bianchi
che splendean come cristalli,
t’ han mancato di lor fede:
bello piú non è ’l miralli.
II tuo fiume si profondo,
il tuo bel Guadalaviar,
eccol fuora con l’altr’acque
dal suo letto deviar!
I tuoi limpidi ruscelli
sempre torbidi verranno:
le tue fonti, i tuoi zampilli
tutti secchi giá ne vanno.
I verzieri tuoi fecondi
piú a nessuno dan piacer:
roso ha l’erbe e le radici
il bestiame de’ somier.
I fior mille de’ tuoi prati
piú di sé non danno odore:
vi stan tutti esausti e passi
senza olezzo né colore.
Quel profitto si onorato
del tuo lido e del tuo mar
torna in danno, in tua vergogna:
ti può adesso mal giovar.
Oh, il paese, i monti, i campi
dove usavi autoritá!
il fumar dei loro incendi
ti trae gli occhi a cecitá.