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XXXIII
IL FERITO A MORTE
Malas manas aveys , tio...
Cane, de romances (Anvers, 1555).
— Mali modi avete, o zio,
né mutanza in voi si fa.
Piú prezzate un cinghiai morto,
che aver vinto una cittá.
5 I figliuoi, la moglie vostra
van coi mori, van prigion.
I figliuoi sovr’una zebra
van, buttati traverson;
strascinata da una corda,
io dietro ad essi va la madre.
Ella dice: — Oimè, marito! —
e quei dicono: — Oimè, padre ! —
Io li vidi, e il cuor men pianse.
Per salvarli, io lá correa:
15 le ferite, o zio, son queste
che portai dalla melea.
Non ne scampo: son di morte
le ferite che m’ han rotto.
Deh! voi, zio, me le fasciate
20 con brandelli del cuffiotto. —
Col cuffiotto da viaggio
l’ha fasciato, e fan d’andar.
Ad un volger della testa
guarda, e vedelo cascar.
25 Lá nell’acque del Giordano
l’avea visto cader giú:
e caduto dentro il fiume,
videi sano levar su.